Lo splendido mare di Taranto.
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Ogni estate la bellezza incontaminata del
nostro mare è messa a rischio dalla pessima gestione di depuratori e scarichi a
mare da parte di istituzioni e amministrazioni pubbliche. E’ qualche anno ormai
che l’inizio della bella stagione ci pone l’inquietante dubbio di quale sarà il
tratto di costa a chiazze marroni che dovremo evitare e, quel che è peggio,
leggiamo distrattamente delle proteste del comitato di turno, quasi la cosa non
riguardasse tutti noi. La situazione è molto delicata e non mette a rischio
solo ambiente e salute, ma anche la possibilità di fare del nostro mare il
principale volano di sviluppo del territorio. Le maggiori criticità riguardano
i comuni di Manduria, Lizzano, Pulsano e il capoluogo Taranto ed
è perciò facile capire come la situazione vada letta nel suo insieme, poiché
finisce per riguardare tutta la litoranea orientale. Vediamo di capirci di più.
MANDURIA – La Regione e l’Acquedotto Pugliese hanno previsto la realizzazione di un
depuratore consortile per lo smaltimento dei reflui di Manduria e Sava che
comprende una condotta sottomarina che scaricherà i reflui depurati nel mare di
Specchiarica. A detta dell’ass.
regionale alle Opere Pubbliche Amati, la gara di appalto si chiuderà entro
aprile del 2013 e la sua aggiudicazione entro la fine dello stesso anno. In
sostanza i lavori non inizieranno prima del 2014. I comuni di Manduria e
Avetrana hanno presentato lo scorso anno ricorso al Tar per chiedere alla
Regione di rivedere la decisione di scaricare in mare, privilegiando l’ipotesi
di riutilizzare i reflui affinati per uso agricolo. Nel dicembre 2011 il Tar ha
respinto il ricorso motivandolo con la mancanza delle infrastrutture
indispensabili per l'uso irriguo delle acque reflue. Nonostante ciò l’assessore
regionale alle Opere Pubbliche Amati, ha garantito una variante al progetto che
consentirà l’affinazione e la sanificazione delle acque per un futuro impiego
irriguo, deputando al recapito in mare il solo conferimento delle acque eventualmente
eccedenti (il cosiddetto ‘troppo pieno’). Che fare però fino a quando l’opera
non verrà conclusa ed il Comune non farà le infrastrutture necessarie al riuso
agricolo delle acque? la strada individuata dai comuni interessati, dall’assessorato
retto da Amati e dai comitati nati per scongiurare lo scarico a mare, è quella
di insistere nel chiedere una deroga al Ministero dell’Ambiente circa la
possibilità di scaricare le acque affinate in falda, cosa non consentita dalla
legge. Richiesta rispedita al mittente più volte con vaghi dinieghi. Fino a
fine lavori si insisterà con questa richiesta, l’unica che possa realmente salvaguardare
la costa, per di più aiutando la falda a mitigare la crescente salinità delle su
acque combattendo la desertificazione delle campagne. Sempre che i reflui
vengano opportunamente sanificati, s’intende. AGGIORNAMENTO 24 settembre 2014: i lavori per la condotta non sono ancora iniziati, ma la Regione ha rivisto la decisione di dirottare le acque reflue affinate per uso agricolo. Sono perciò insorti i movimenti locali contro lo scarico a mare, forti anche del parere del geologo prof. Del Prete, consulente del comune di Avetrana, che ha redatto uno studio in cui si evidenzia il rischio ambientale in caso di condotta sottomarina. Perché non ricorrere a questa soluzione che consentirebbe il riutilizzo delle acque? problema politico, evidentemente, con ostruzionismi da parte della Regione e ambiguità da parte de comune di Manduria (leggi QUI).
Manduria - A sin. i lavori per la condotta, a dx la protesta (dal sito lavocedimanduria.it) |
LIZZANO – Lo smaltimento dei liquami è
affidato ad un depuratore consortile che lavora per i comuni di Lizzano,
Fragagnano e San Marzano di San Giuseppe, con scarico dei reflui in una
condotta che sfocia nel canale naturale Li Cupi e da qui nel canale Ostone,
attraverso il quale raggiungono il tratto di mare dell’omonimo lido. Nel 2004 furono arrestati dai Carabinieri i quattro ingegneri incaricati dal Comune che attestarono la conclusione dei lavori di un impianto per il riuso delle acque reflue a fini irrigui e la ricarica della relativa falda. 850.000 euro di parcella per i quattro professionisti e lavori mai realmente completati, tant'è che dal 2009 si
sono registrate le prime disfunzioni igienico-sanitarie al sistema di
smaltimento. Il canale naturale Li Cupi, prima deputato alla sola raccolta
delle acque piovane, ha visto crescere a dismisura la sua portata a causa dell’affluenza
degli scarichi provenienti dal depuratore, finendo per sversare, nelle giornate
di pioggia, grosse quantità di liquame misto ad acqua piovana nei terreni
adiacenti. I circa venti coltivatori della zona hanno dovuto spostare le
coltivazioni a proprie spese per evitare l’asfissia delle piante ed il rischio non
remoto di contaminazioni, dal momento che le acque, stando ad analisi
effettuate da AttivaLizzano e contestate dall’Arpa (le trovi QUI),
conterrebbero alte concentrazioni di batteri fecali. A ciò si aggiunge
l’illecita pratica di certi frantoi che sversano i residui vegetali delle
lavorazioni gravando ancora di più sulla portata del canale, come dimostrano
le foto scattate dagli amici di AttivaLizzano che ringraziamo. Un grosso danno economico al quale si è
aggiunto anche quello turistico che ha inficiato la balneazione in questo splendido
tratto di costa. I fondali, infatti, presentano concentrazioni di microalghe generate
dai reflui impuri pronte a proliferare a temperature elevate, come già avvenuto
nel recente passato. Ma come può un depuratore scaricare acqua ancora carica di
inquinanti? E perché pensare di riversare tutto in un canale che non può
contenere altro che le acque piovane? e ancora, com’è possibile che il tutto
finisca su una spiaggia senza neppure una condotta sottomarina? Una mala
gestione che sembra ricalcare il caso di pochi mesi fa dei quattro impianti di
depurazione sequestrati nel nord barese in un’operazione della Guardia di
Finanza e della Capitaneria di Porto che ha portato ad indagare anche
funzionari della Regione (leggi QUI).
Fatto sta che nel maggio di quest’anno il sindaco di Lizzano Macripò è corso ai
ripari emanando un’ordinanza urgente con la quale ha disposto il convogliamento
in deroga delle acque reflue in falda fino al 30 settembre. Una pezza extra-legem, giunta
anche tardivamente, che ha consentito di recuperare in extremis la stagione
balneare, senza però risolvere i problemi a monte. Il 19 settembre scorso una
delegazione di operatori turistici di Lizzano e dell’isola amministrativa di
Taranto (su cui ricadono numerosi lidi della zona) ha consegnato al sindaco
Macripò un documento sottoscritto da 3.000 cittadini in cui si chiedono azioni
per la difesa dell’ambiente costiero. Fra queste potrebbero esserci il
completamento dell’impianto di affinamento, mai terminato e poi sequestrato,
per l’utilizzo delle acque a fini agricoli. AGGIORNAMENTO 18 Feb 2014: il depuratore consortile di Lizzano è stato posto sotto sequestro dal NOE di Lecce e dai Carabinieri della stazione di Lizzano sulla base delle indagini che ne hanno attestato il superamento dei limiti di inquinamento previsti e scaturiti dalle denunce di associazioni ambientaliste e cittadini. Nel suo provvedimento il GIP di Taranto Gilli ha concesso la facoltà d'uso per via dell'impossibilità di scaricare diversamente i reflui, sebbene non correttamente depurati. L'ipotesi di reato contestata al legale rappresentante della società che gestisce l'impianto di depurazione è quella del getto pericoloso di cose mediante il superamento dei limiti tabellari previsti dalle norme vigenti. Alla società Pura, afferente alla società Acquedotto Pugliese SpA, è stato intimato di stilare un programma di interventi per sanare l'incresciosa situazione, ma lo spettro di escludere la facoltà è dietro l'angolo, date le resistenze operate da questa e da Acquedotto Pugliese stesso. Intanto Goletta Verde di Legambiente continua a segnalare l'inquinamento insopportabile di questo magnifico tratto di costa.
Lizzano - A sin il canale Li Cupi, a dx uno sversamento a lido Ostone (dal sito cittadinanzaattivalizzano.blogspot.it). |
PULSANO – Pulsano e Leporano vivono una
delle situazioni più incresciose e paradossali di tutta la provincia: qui
abbiamo due depuratori consortili, uno costruito negli anni ’80 e dichiarato
insufficiente già pochi anni dopo ed uno in costruzione in contrada Palata ed i cui lavori
costituiscono una via crucis dai costi esorbitanti. Quasi 25 milioni di euro
per un impianto il cui iter è partito nel 1997 e concepito con discutibili tecnologie
sperimentali ed un’altrettanto discutibile collocazione a monte di Pulsano, nei
pressi della zona industriale di Faggiano, piuttosto che fra Pulsano e la sua
Marina. Il vecchio impianto intanto continua a scaricare direttamente sulla
scogliera posta fra il ristorante La Barca e la spiaggia del Gabbiano, anziché
al largo tramite un’adeguata condotta, portando a galla (è proprio il caso di
dirlo…) tutti i problemi dovuti alla sua ridotta capacità depurativa. Neppure
la Provincia ha potuto autorizzarlo a queste condizioni. Ma il collasso della
vecchia struttura ha portato in questi anni anche a frequenti tracimazioni dei
reflui dai tombini delle vie La Fontana e via Lago Maggiore finiti nel canale
Trigna, quello che sfocia sulla spiaggia del Gabbiano. Non l’unica criticità,
visto che gli interventi effettuati nel 2010 per risolvere la questione hanno
spostato il problema in via dei Micenei, in prossimità del recapito finale del
depuratore. Da qui le numerose denunce e gli esposti dei comitati di cittadini
del luogo esasperati da lungaggini e
irresponsabilità. Quale la situazione ad oggi? Dopo anni di contenziosi,
modifiche e rimpalli fra enti, l’intercessione della Regione - che per anni ha
finanziato un progetto nei fatti fallimentare - pare aver portato la questione
alle porte della soluzione, sempre sulla carta: la ditta che aveva iniziato i
lavori ed abbandonato il cantiere in attesa della varianti di progetto è stata
sollevata dall’incarico e l’appalto è stato suddiviso fra lavori in capo al
Comune di Pulsano ed altri in capo all’Acquedotto Pugliese (leggi QUI). La diatriba col
comune di Faggiano che, attraversato dal canale Maestro, si era opposto al
conferimento nello stesso dei reflui di Pulsano e Leporano nel timore di subire inondazioni dovute all’intasamento e alla vetustà del condotto, sarà
risolta con lavori di bonifica che saranno condotti dal Consorzio di bonifica Stornara
e Tara, che gestisce il canale, grazie ad un finanziamento messo a disposizione
dal Ministero delle Politiche agricole e forestali. Due appalti dunque. Per quello
riguardante la realizzazione dei lavori del recapito finale, il sindaco di
Pulsano Ecclesia ha promesso, poche settimane fa, il completamento entro il
prossimo dicembre. 2012, mettiamoci pure l’anno visto come vanno queste cose...
Per il secondo appalto, gestito dall’AQP e riguardante il ripristino funzionale
dell’opera e quello delle parti rubate e danneggiate in anni di incuria, se ne
riparlerà ad aprile 2013 per una spesa che sfiorerà i 3 milioni di euro. Sperando
di riuscire a salvare per tempo la stagione estiva alle porte e chissà quanta
gente da problemi sanitari. AGGIORNAMENTO 5 giugno 2014: sul nuovo Depuratore di contrada Palata si è tenuta, in data 27 maggio, una seduta della Commissione Consiliare Ambiente all’interno della struttura. Da quanto è dato sapere si effettueranno le operazioni di collaudo dell’impianto entro il 10 giugno e successivamente sarà inviata richiesta in Regione per l’autorizzazione allo scarico delle acque depurate nel Canale Maestro Il nuovo depuratore non è ancora in funzione. AGGIORNAMENTO 23 settembre 2014: i lavori al depuratore sono conclusi, sono in corso quelli per l'adeguamento del canale maestro che confluirà i reflui nello scarico di mar piccolo a Taranto. All'altezza di Faggiano sono avvenuti dei ritrovamenti archeologici di epoca romana che ritarderanno l'entrata in funzione dell'impianto a fine 2014. AGGIORNAMENTO 15 luglio 2015: il sindaco Ecclesia ha ufficialmente rimosso il divieto di balneazione all'altezza di viale dei Micenei, l'impianto dovrebbe entrare ufficialmente a regime entro agosto (leggi QUI).
Pulsano - A sin. uno sversamento in v.le dei Micenei, a dx il divieto di balneazione nei pressi del recapito finale della vecchia condotta (dal sito polopulsanese.com). |
TARANTO - Per l’agglomerato urbano di Taranto lavorano due depuratori, il
Gennarini, nell’omonima contrada fra viale Jonio ed il quartiere Taranto Due,
ed il Bellavista. Qui “lo stato delle acque genera preoccupazione”, come citato
in una relazione Arpa del 2008 (la trovi QUI),
poiché alla gravissima e ben nota situazione derivante dagli scarichi
industriali, si aggiungono le attività cantieristiche della Marina Militare, le
attività portuali e gli scarichi civili. Non è un caso che un fondale batimetricamente così interessante come quello tarantino viva un tale impoverimento della fauna marina. Le
criticità degli scarichi civili investono in particolar modo il II seno di mar
Piccolo e l’area di San Vito-Lido Bruno, dove insiste lo scarico della condotta
sottomarina del depuratore Gennarini. La condotta in questione fu
progettata per scaricare i reflui depurati a circa tre km dalla costa, ma una
denuncia del prof. Matacchiera testimoniò già nel 2002, e poi nel 2006, le
gravissime inadempienze nella sua realizzazione, accertando falle e cedimenti
strutturali che da allora arrecano gravi danni ambientali all’intera area
costiera. Gli sversamenti in mare avvengono infatti già a 460 mt dalla costa e
per anni sono stati occultati, taciuti e ridimensionati dalle amministrazioni
locali, in primis da esponenti dell’allora giunta Di Bello, poi finiti sotto
processo (guarda QUI il video-denuncia di Fabio Matacchiera al TG3). Situazione resa grave dal fatto
che i video raccontano di sversamenti di reflui che non appaiono affatto
depurati. Ad oggi la situazione dell’impianto Gennarini risulta migliorata, sebbene
appena a marzo scorso la Capitaneria di Porto di Taranto abbia denunciato una notevole
fuoriuscita di fanghi non depurati nelle acque di San Vito a causa di una grave
anomalia. La condotta colabrodo invece è
rimasta intoccata, con rimpalli di responsabilità che si sono susseguiti per
due legislature senza risolvere nulla. L’altro
scandalo riguarda il mancato utilizzo delle acque depurate ad uso industriale.
In barba alle carenze idriche che ciclicamente investono il territorio, la
grande industria, per raffreddare i propri impianti, attinge qualcosa come 79
milioni di metri cubi l’anno (79 miliardi di litri!) di acqua dolce dagli
invasi del Tara e del Sinni e la sola Ilva
anche 1.515 (1 bilione e 515 miliardi di litri!) da Mar Piccolo (fonte
Politecnico di Bari e Ipres 2002). Da
qualche mese è in corso il braccio di ferro fra l’assessorato regionale ai
Lavori Pubblici e l’Ilva per il riutilizzo delle acque affinate a scopo
industriale. A questo scopo Bellavista e Gennarini sono stati interessati dalla
realizzazione di impianti di affinamento delle acque, ancora non operanti e,
funzionalmente agli usi dell’Ilva, anche appaltato il lavoro per la
realizzazione di uno di superaffinamento a Bellavista per 14 mln di euro. A
lavori ultimati potranno essere recuperati 38 milioni di metri cubi di acque
depurate a fini industriali, ma l’Ilva, come sempre, ha opposto resistenza ricorrendo
al Tar di Lecce. La svolta a luglio scorso, quando i giudici amministrativi hanno
respinto il ricorso dell’industria obbligandola alla predisposizione, entro 24
mesi, di un sistema di distribuzione interna delle acque rinvenienti da
Bellavista (leggi QUI la nota dell’ass. regionale alle Opere Pubbliche). AGGIORNAMENTO 6 GIUGNO 2014: La Guardia costiera ha sequestrato l'impianto di sollevamento del depurazione Gennarini che fa capo al Comune (5.600 mq), nonché l'intera condotta interrata lunga 4 km.. I sigilli sono stati disposti per "inquinamento marino causato da mal funzionamenti dello stesso impianto". "La prolungata attività di monitoraggio da parte degli uomini della Guardia costiera - si legge in una nota - ha consentito di accertare lo stato di totale degrado ed abbandono in cui versavano tutte le strutture, con assenza della pur minima attività di manutenzione e conseguente grave malfunzionamento dello stesso impianto, che in tal modo non era più in grado di assolvere alla funzione alla quale è preposto". Il sequestro è stato immediatamente disposto dall'autorità giudiziaria. Le ipotesi di reato accertate, in relazione alle quali sono tuttora in corso gli accertamenti finalizzati ad individuarne i responsabili, sono "particolarmente gravi", dice la Guardia Costiera, "in quanto si va dall'interruzione di pubblico servizio al danneggiamento aggravato di bene pubblico con scarico a mare di cose pericolose".
A sin. gli scarichi di Taranto (Arpa), a dx la condotta di San Vito (fontanella.altervista.org) |
Insomma i soldi ci sono, ma sono spesi
malissimo. La peggior politica etichetta spesso come “signor no” i cittadini in
protesta per questi problemi, ma le questioni si risolverebbero facilmente e
nel modo più sensato in due mosse: la Regione dovrebbe dotare tutti gli
impianti di trattamento terziario, quello che permette di ottenere un ulteriore
affinamento del grado di depurazione delle acque, i comuni dovrebbero
intervenire sulle infrastrutture atte a convogliare le acque affinate presso
campagne e industrie. Non si avrebbe nessun tipo di inquinamento, si
risparmierebbe acqua potabile e si risolverebbe il problema della siccità in
campo agricolo. L’acqua in eccesso finirebbe poi per arricchire le nostre
falde, riducendone la salinità. Anche questa è economia. Ma si comprende bene
come depuratori e scarichi non trasportino solo i reflui della nostra
provincia, ma anche tutti quelli di una politica incapace di gestire e
risolvere i problemi della gente. I numerosi casi di infezioni cutanee e
gastroenteriti registrate in questi ultimi anni sulla nostra costa, specie a
carico dei più piccoli, sono l’impietoso specchio di un problema che tutta la
provincia deve sentire come proprio, nè solo dei lizzanesi, dei pulsanesi, dei manduriani o dei tarantini.
Un grazie agli amici di Popolopulsanese, AttivaLizzano, La Voce di Manduria e La Fontanella per le info e le foto messe a disposizione.