
bene, esattamente come accade in altre migliaia di città come Taranto. Toccherà attraversare il sacrificio, ma lo sappiamo fare da sempre. Per questo da Papa Francesco ci aspettiamo un monito coraggioso. Un messaggio forte, un po' come quello che Giovanni Paolo II seppe infondere nei suoi connazionali per sostenerli nella battaglia per il recupero dell’identità e dell’orgoglio smarritisi sotto il regime sovietico. Lo fece andando controcorrente all’orientamento stesso della Chiesa. E qui le analogie con la chiesa locale si potrebbero sprecare. Ecco, di questo abbiamo bisogno: di fiducia e di coraggio, affinché anche un tarantino in più abbia chiara la via da percorrere. Di sapere, da una voce autorevole e incisiva, che possiamo dar vita a un’altra realtà, ad una rinascita morale e culturale senza alcun compromesso e lotta fratricida. Una realtà, d’altra parte, assai più vicina ai valori che lo stesso cattolicesimo predica. Parli con i parenti di chi ha dato la vita per questo sviluppo deleterio, coi malati del Moscati, non si faccia solo portare in giro fra i viali di uno stabilimento tirato a lucido per il suo passaggio. Allora sì che la visita potrà andare ‘oltre’ al senso di una dolce carezza. Non venga a placarci il Papa degli Ultimi, ma ci aiuti a sollevarci! che anche qui abbiamo i carri armati di Stato sopra alle teste.
“Bisogna avere il
coraggio di camminare nella direzione nella quale nessuno ha camminato finora
(…) l’anima santa viene qui a rinnovare questa terra”.
Carol Wojtyla (durante il primo viaggio del suo pontificato in Polonia,
1978)