Un momento dell'esposizione del sindaco di Bilbao, Areso. |
Mercoledì si è tenuto presso la
sede del polo universitario ionico dell’ex convento di San Francesco in Città Vecchia un incontro nell’ambito della XIX edizione della tre giorni estiva
dell’associazione ‘La Città che Vogliamo’.
Il nome della giornata era
parecchio significativo ed interessante ‘Città
2020: visioni strategiche’. Già, una visione strategica di cui Taranto
avrebbe tanto bisogno per fare di questo momento di rottura un’autentica
opportunità di rilancio, purtroppo ritardata da una classe
politico-imprenditoriale più incline a vivere di rendite avvelenate, piuttosto
che ad abbracciare un futuro comunque indifferibile. Ieri per l’appunto c’è stata l’occasione di ascoltare
l’attuale sindaco di Bilbao, Ibon Areso e l’ex sindaco di Torino, Valentino
Castellani, rappresentanti di due città che sono
testimonianza autentica di
come ci si possa svincolare dalla morsa della monocultura industriale in favore
dell’innovazione e del turismo. Veniamo al dunque, la cosa che più ci
importa: quali le ricette e i consigli lasciati a Taranto dai due? La prima
cosa sottolineata da Areso prima di scendere più nel concreto è stata che occorre che la comunità senta come
necessario il cambiamento facendosene artefice. Poche parole per andare
dritti al cuore del problema tarantino: volere davvero il cambiamento,
assumersene la responsabilità, accettare le difficoltà iniziali ed essere
consapevoli dei risultati che lo sforzo potrà dare ad una città dall’altissimo
potenziale di sviluppo inespresso. C’era tutto questo nell’introduzione del
sindaco di Bilbao, non poco. Come ha
fatto la città spagnola a lasciarsi alle spalle i problemi di disoccupazione,
criminalità, degrado e inquinamento? con l’efficientamento della mobilità
urbana, l’azzeramento dell’inquinamento e incremento delle aree a verde, il
recupero degli spazi e del rapporto col suo fiume, il potenziamento delle
attività e delle risorse culturali puntando sul loro potere accrescitivo e
attrattivo (il museo Gugghenheim a Bilbao è un successo indiscusso), gli
investimenti nei servizi e nella tecnologia, le sinergie fra pubblico e
privato. Tutto ciò con l’attenzione puntata sul recupero dei posti di lavoro
che andavano perduti con l’abbandono delle industrie pesanti. Chiaro lo
sforzo che abbiamo ancora da fare. Ma quanto si è stretto i denti per arrivare
alla svolta? Da fine anni ’80 a fine
anni ’90, un decennio per essere tutti più felici, ottimo investimento! E Torino? Da Fiat unica risorsa ad una
città con 2 milioni e mezzo di turisti in periodo di crisi, niente affatto
male. Anche qui la crisi economica di fine anni ’80 ha lasciato il segno
trascinandosi una disoccupazione che nel 1993 viaggiava al 12%, il doppio della media nazionale di allora. Anche qui dosi massicce di cultura, oltre a recupero urbanistico e
recupero delle proprie peculiarità e bellezze. Primi anni duemila e già gli
sforzi hanno iniziato a pagare, fino a culminare nell’evento delle Olimpiadi
invernali del 2006 che ne hanno consacrato l’emancipazione definitiva a livello
mondiale. Capito come si fa? Non facile, ma neppure impossibile, tenuto conto
che potremmo fare anche a meno delle Olimpiadi e che oltre ai risultati di
lungo periodo, si potrà godere del percorso in sé.