Eva Degl'Innocenti, l'archeologa toscana che da dicembre 2015 dirige il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, ci ha concesso una lunga intervista anticipando le linee di sviluppo del prestigioso Istituto cui è a capo, oggi al centro di un rinnovato interesse nel dibattito cittadino.
1. Direttrice, facciamo il punto sulle iniziative in
corso. Il Museo ha ottenuto un finanziamento di 2.507.000 euro per il progetto
“MArTA 3.0”, destinato alla digitalizzazione del patrimonio archeologico e alla
realizzazione di nuovi apparati multimediali.
Il progetto “MArTa 3.0” è in corso. In questo momento stiamo finalizzando i vari capitolati tecnici delle prossime gare; la prima, relativa alla progettazione definitiva, è stata espletata. Un team di professionisti esterni coadiuva il RUP (responsabile unico del procedimento) che sono io per stilare insieme il disciplinare ed il contenuto dei vari capitolati tecnici.
E’ un progetto molto ambizioso che riguarderà l'attività progettuale del Museo per i prossimi cinque anni, con prospettive di sviluppo però anche nel medio-lungo termine. Il team che si è aggiudicato la gara risponde pienamente ai solidi criteri tecnico-scientifici richiesti; stiamo lavorando molto intensamente con loro. Con questo progetto potremo assicurare cinque aspetti importanti: il primo riguarda il potenziamento delle infrastrutture di back-office usate dal personale; il secondo la ricerca e l’eccellenza scientifica tramite la risistemazione dei depositi e lo studio dei vari contesti archeologici della città rinvenuti nei decenni passati, con prospettive interessanti sotto molteplici aspetti, per esempio in chiave di una possibile rilettura della topografia della Taranto antica. Sarà quindi realizzata una “fablab” con scanner e stampanti 3D che permetterà di analizzare i dettagli delle opere fornendo un importante supporto alle analisi archeometriche che abbiamo già in corso su alcuni materiali con l’Università del Salento. Una parte del progetto riguarderà poi la museografia, con il riallestimento di alcuni reperti già esposti ed il nuovo allestimento di altre opere che invece si trovano attualmente nei depositi, in un percorso multisensoriale accessibile alle quattro disabilità. Una app di realtà aumentata, alla quale stiamo lavorando, permetterà di muoversi all'interno della Taranto contemporanea visualizzando sovrapposti i monumenti della città antica.
Il fine ultimo sarà quello di creare un rapporto ed un dialogo diretto con il territorio, non solo cittadino ma anche provinciale e regionale, considerando anche i territori limitrofi storicamente in contatto con Taranto. Il MArTa dovrà essere un hub di ricerca e valorizzazione sul territorio, per un progetto di museo diffuso che coinvolga non solo gli altri istituti del polo museale regionale ma anche la rete dei piccoli musei civici.
2. Vi è poi la
disponibilità di fondi ministeriali per la produzione di un videogame
didattico, sull’esperienza di quanto fatto recentemente dal MANN di Napoli.
Siamo stati scelti insieme al Museo
Archeologico Nazionale di Reggio Calabria per un progetto voluto dalla
Direzione Generale del Turismo del MiBACT e dalla Presidenza del Consiglio dei
Ministri che riguarda la creazione di un videogioco; l’importo del
finanziamento per il momento è di 75.000 euro. Si tratterà ovviamente di un
prodotto dai contenuti scientifico-culturali divulgati e valorizzati in forma
ludica; un’iniziativa complementare a quella in corso del progetto europeo
“MArTa 3.0”, del quale si è detto. Vogliamo che ogni realizzazione si armonizzi
insieme alle altre nell’ottica di una visione strategica complessiva.
L'idea è
quella di creare un gioco di ruolo nel quale i vari personaggi protagonisti
della storia accompagnino gli utenti sui siti. Per raggiungere i livelli
successivi si devono raccogliere una serie di prove indiziarie, una sorta di “investigazione”
che in fondo altro non è che il metodo di lavoro dell'archeologo. Chi però vorrà
progredire nel gioco dovrà recarsi fisicamente sul territorio perché l’indizio
successivo potrà scoprirlo solo visitando il Museo, la città di Taranto o
un’altra località limitrofa.
La forma mentis di
chi magari pensa che l'archeologia si debba comunicare solo in un certo modo,
soltanto agli studiosi e con determinati metodi non avrà da “gridare allo
scandalo” perché i contenuti saranno puramente scientifici e divulgativi. E’ un
prodotto non semplice da sviluppare, che richiede know-how avanzati. Creare uno
storytellig interessante, che sia accessibile e comprensibile a tutti ma che al
contempo non risulti banale è una sfida ambiziosa. Sicuramente è molto più
difficile riuscire a divulgare con forme di comunicazione meno tradizionali
come quella del gaming piuttosto che con le modalità “classiche”. Proprio per
questo però il MArTa potrebbe diventare un hub di valorizzazione importante;
stiamo riflettendo su come mettere ancora più a sistema ed in rete il
territorio rispetto a quanto fatto con il videogioco realizzato dal MANN di
Napoli.
C’è poi anche un altro aspetto non
trascurabile. La nostra volontà è quella di rendere i livelli di base del gioco
accessibili e scaricabili gratuitamente, mentre i livelli di approfondimento saranno
a pagamento. Si tratterebbe di erogazioni fatte al museo. Noi siamo
un'istituzione pubblica, non facciamo profitto, però i guadagni sono utili per
poter ad esempio cominciare a finanziare borse di studio o consulenze a
professionisti, creando così opportunità di lavoro.
3. La copertura del chiostro dell’ex convento consentirà
la realizzazione di un bar-caffetteria, con ingresso indipendente da Piazza
Garibaldi. Uno spazio che la cittadinanza potrà frequentare anche fuori dagli
orari di apertura della struttura museale.
E’ un
progetto legato a finanziamenti pubblici concessi dal Ministero che prevede non
solo la creazione di una caffetteria all'interno del chiostro del Museo ma
anche la realizzazione di un nuovo percorso di accesso all’interno del MArTa. La
nostra volontà è quella di riportare l'ingresso principale in Corso Umberto;
Piazza Garibaldi nella nostra idea di museo deve essere una sorta di agorà, uno
spazio pubblico aperto e in dialogo con l’istituzione. L’accessibilità di un
museo comincia dall’esterno, e questa “chiusura” verso la piazza crea non una
inclusione ma una separazione rispetto al visitatore. Il MArTa così com’è adesso
è un museo molto invisibile “da fuori”, anche per l’assenza di una segnaletica adeguata.
Sicuramente poi occorrerà ripensare la hall e soprattutto l’area bookshop;
creare una “boutique del museo”, uno spazio di promozione non solo più fruibile
ma anche più adatto ai vari target di pubblico, cosa che oggi non è. Per
esempio, i bambini ora sono poco inclusi per l'altezza del bancone che li
sfavorisce e per la disposizione dei prodotti di merchandising. La caffetteria
dovrà essere uno spazio polivalente dedicato all'arte, agli eventi, agli incontri;
un luogo inclusivo, di apprendimento, di studio e di ricerca ma anche di
diletto. La condivisione è l'elemento fondamentale per poi far sì che un
progetto culturale sia veramente un progetto con un fondamento sentito dalle
persone. Per la copertura stiamo pensando ad una realizzazione che non sia semplicemente
un progetto architettonico ma che costituisca essa stessa l’opera d'arte e di
creatività di uno dei massimi architetti a livello mondiale, che per il momento
non riveliamo perché siamo in corso di finalizzazione. Vogliamo contribuire a
che Taranto possa diventare meta di turismo culturale anche per gli aspetti
legati all’architettura contemporanea. L’idea del museo come luogo di incontro
fra i giovani di tutte le generazioni sicuramente sarà facilitata dalla
realizzazione di questo bar-caffetteria.
4. Fin dal suo insediamento ha espresso la volontà di
rendere il MArTa protagonista nella produzione di importanti mostre temporanee,
in collaborazione con gli altri grandi musei archeologici ad autonomia speciale
del Meridione (Napoli, Paestum, Reggio Calabria). Resta però insoluto il nodo
degli spazi disponibili: la superficie destinata a tale scopo, già
insufficiente, si è ulteriormente ridotta dopo l’allestimento dell’aula
didattica al pianterreno. Nell’impossibilità di ampliare significativamente l’attuale
struttura, al MArTa servirebbe una “sede distaccata” da dedicare esclusivamente
alle esposizioni tematiche. Ritiene percorribile questa strada?
E’ vero, gli
spazi per le mostre temporanee sono limitati. La nostra volontà però è quella
di utilizzare un po' di più la hall di quanto sia stato fatto fino adesso e anche
di usare lo spazio destinato alla collezione permanente creando un dialogo con le
esposizioni temporanee, come del resto è stato già fatto.
La “sede distaccata” per il momento la
interpreto più come la possibilità che il MArTa possa continuare a collaborare
con i vari enti territoriali, poi dipenderà anche dalla città e dalla nuova
amministrazione comunale. Sicuramente un grosso peccato è questa vicenda del
Palazzo degli Uffici che non è stata ancora risolta e che mi auguro possa esserlo
al più presto. Spiace che un palazzo del genere, una struttura così
interessante in una piazza così centrale, offra una immagine non positiva, con
una gru perenne ed un edificio fantasma. E’ una zona che secondo me ha una
grande opportunità di diventare una vera agorà cittadina, uno spazio
pubblico in cui ci si riconosca. Come avviene in tutti i più grandi musei del
mondo, il museo deve iniziare “prima” del museo. Si tratterà quindi di trovare
una destinazione consona all’edificio, e quella delle mostre potrebbe esserne
una ad esempio. Chiaramente uno spazio allestitivo museale deve oggi rispondere
a tutta una serie di condizioni che sono imprescindibili: la messa in sicurezza
dei reperti, la conservazione preventiva, la messa in sicurezza dell'edificio. E’
nostra intenzione poi continuare questa politica culturale di co-curatela di
mostre verso l’esterno, ad esempio quella che stiamo facendo a Porto Cesareo con
il Museo Egizio di Torino di cui siamo molto fieri. Abbiamo finalizzato poi una
collaborazione molto interessante con la Fondazione Paolo Grassi del Festival della
Valle d’Itria, per il momento faremo con loro una mostra documentaria.
5. Con l’iniziativa dei “Tesori Mai Visti” l’Istituto che
dirige si è proposto nei mesi scorsi di valorizzare il patrimonio dei depositi
mediante l’esposizione in eventi prefissati di reperti esclusi dal percorso
espositivo, fruibili per l’occasione a piccoli gruppi di visitatori. Si è più
volte ripetuto come l’allestimento di un grande museo sia sempre il frutto di
una scelta fra le opere disponibili, un’operazione che nel nostro caso però
appare comunque oltremodo penalizzante, in virtù proprio della ricchezza e
della qualità del materiale inventariato. Particolarmente doloroso il
“sacrificio” che è toccato non solo alla sezione preistorica, ma anche ad
alcuni capolavori della ceramica greca, attribuiti a grandi maestri del
periodo.
Ritiene possibile, nei limiti degli spazi disponibili,
l’integrazione del percorso espositivo con nuove vetrine?
Le superfici che si ricaveranno dalla prevista
copertura dell’ex chiostro degli Alcantarini potranno servire anche per
l’allestimento di reperti della collezione permanente?
Come dicevo prima, il riallestimento di
alcuni pezzi e l’allestimento ex-novo di altri attualmente nei depositi è parte
del progetto “MArTa 3.0”. Il chiostro degli Alcantarini sarà uno “spazio delle
arti” che offrirà la possibilità di un dialogo fra l’archeologia e, per
esempio, l’arte contemporanea. Vogliamo rendere anche la hall uno spazio
interattivo molto diverso. Il nostro obiettivo è che il MArTa diventi sempre
più un luogo di produzione artistica anche creativa. Noi però siamo contrari
all’idea del museo come “contenitore”; il contemporaneo lo vediamo in un dialogo,
in un progetto con il MArTa nel quale l'artista riflette con il territorio ed
il suo patrimonio. La mostra che abbiamo fatto sul genius loci è
stato un piccolo esempio, un piccolo contributo interessante da sviluppare
chiaramente anche con progetti più ambiziosi.
6. In una città come Taranto che sconta l’assenza di
specifiche istituzioni universitarie e ora anche la perdita della secolare Soprintendenza
di settore, una delle più antiche d’Italia, al museo autonomo si chiede di
rivestire un ruolo pure nella ricerca scientifica, che possa almeno in parte
sopperire a tali mancanze. Accanto alle collaborazioni già iniziate con le
realtà accademiche pugliesi, e nei limiti delle competenze stabilite dalla
legge, ritiene possibile per il MArTa un impegno attivo nella promozione
dell’indagine archeologica sul campo?
Questo è il
grande quesito. Io ritengo che in effetti sarebbe auspicabile un ruolo più
attivo nella ricerca scientifica archeologica; oggi non è così perché gli enti
e le strutture periferiche del MiBACT hanno comunque ognuna la propria mission.
Il MArTa per esempio non ha un ruolo diretto sulla valorizzazione dei reperti
che emergono dagli scavi in corso, al contrario di quanto avviene all’estero, in
Francia e in Inghilterra, dove ciò è previsto dalla legislazione vigente. I
depositi dei musei inglesi ospitano i reperti degli scavi in corso, ciò
significa che l’istituzione riveste immediatamente un ruolo attivo nella
ricerca archeologica di attualità, e questo è importante. Noi auspichiamo di
collaborare sempre più in stretta sinergia con i nostri colleghi della
Soprintendenza unica, in modo che questo ruolo possa essere sempre più
concretizzato. Se vogliamo veramente creare una coscienza nel cittadino, che deve
essere il primo a voler tutelare il proprio patrimonio, conservarlo ed apprezzarlo,
dobbiamo instaurare un dialogo continuo ed è necessario un ruolo pedagogico
delle strutture periferiche del Ministero. Altrimenti è difficile pensare che
il cittadino possa acquisire queste capacità semplicemente sui banchi di scuola.
Con una comunicazione che sia semplicemente istituzionale e normativa e non
però “di inclusione” è difficile arrivare a trasmettere questi valori. Occorre
un impegno costante. Noi vogliamo creare una linea editoriale, una collana
“MArTa” dove pubblicare i risultati – anche preliminari – della qualità archeologica,
ospitando studiosi, i colleghi della Soprintendenza o anche degli studenti che
magari stanno svolgendo delle ricerche su alcune tematiche. Però ci
interesserebbe poterlo fare valorizzando quei reperti che sono stati oggetto di
scavi molto recenti, che potrebbero avere una collocazione rapida e immediata
nella hall, in una-due vetrine con un breve apparato didascalico. Un allestimento
semplice, da rinnovare periodicamente, al quale accedere senza necessariamente
pagare il costo del biglietto. Un’operazione che ritengo interessante per il
pubblico sia dei neofiti che degli appassionati che in tempo reale potranno fruire
del reperto ed avere la spiegazione dell'archeologo o dello specialista che lo
ha rinvenuto. Oggi però questo è un aspetto che non rientra nella governance
del museo.
E’
fondamentale poi che ci sia con le università un dialogo diretto e una
collaborazione di progettazione integrata in progetti di ricerca.
7. Lo scorso anno si parlò della possibilità di istituire un “biglietto integrato” per i maggiori siti culturali della città.
Speriamo di
riprendere il discorso sul biglietto integrato, che coinvolgeva oltre al MArTa
anche il Museo Etnografico e il Museo Diocesano. La sua attuazione potrebbe
permettere già di strutturare un'idea di polo museale tarantino. Quando
cominciammo a parlare di questa iniziativa, la nostra volontà era quella di prevedere
anche un abbonamento legato a degli eventi e quindi ad una programmazione
integrata con gli altri due musei. Io spero a questo punto che la nuova amministrazione
comunale voglia accogliere il continuo del progetto. La cosa più interessante
sarebbe creare una rete di siti – con il Castello ed altri – e quindi una card
vera e propria, diversificata anche sotto il profilo del target di riferimento:
una per il turista generico e l'altra invece per il cittadino, legata quindi
agli eventi.
Occorre però
un po' di umiltà e procedere per step. Non si può pensare adesso ex abrupto di
arrivare a una card che metta in rete un numero esorbitante di siti quando
ancora ci dobbiamo porre la domanda della gestione e della fruizione di questi.
Se ci inseriamo dei luoghi che poi in realtà non sono mai visibili o troppo
poco visibili si rischia di realizzare un’operazione controproducente. L'invito poi è chiaro, che la nuova
amministrazione comunale ritenga la cultura uno degli elementi principali. Se
questa città vuole riuscire veramente a creare un modello alternativo di
sviluppo, questo si deve basare necessariamente sulla cultura che è la grande
risorsa di questo territorio. La speranza è in un coinvolgimento sempre
maggiore dei privati; uscire quindi da quella sorta di diffidenza atavica nei loro
confronti e capire che il futuro oramai è nella progettazione integrata.
Una forma di
mecenatismo o di sponsorizzazione non è soltanto in termini di erogazioni in denaro
ma può essere resa anche sotto forma di service di professionalità. Per esempio
il settore dei beni culturali secondo me ha bisogno invece di figure
manageriali di progetti di ingegneria finanziaria che non esistono come know-how
nel pubblico perché comunque il modello gestionale non è stato quello per tanti
anni. Spesso anche i progetti europei hanno come criticità il fatto che
l'investimento è teso tutto alla “creazione” e non poi alla “gestione”, e alla
fine si creano così dei contenitori vuoti. Non si può quindi pensare a un
continuo assistenzialismo, io sono una sostenitrice dello spirito
imprenditoriale soprattutto per il terzo settore per il quale secondo me ci
sono delle opportunità molto importanti che però bisogna saper cogliere. La
Puglia è in questo una regione molto dinamica e Taranto può diventare
protagonista, ma deve credere più in se stessa e nel proprio potenziale e
ragionare nella logica della progettazione integrata, in particolare oggi che
il brand Puglia è un brand importante e di successo. Molto è stato fatto, per
anni però è mancata una cabina di regia.
8. Veniamo infine alla questione del personale. Il MArTa
ha un organico ancora sottodimensionato rispetto alle esigenze anche di
fruizione ed apertura delle sale.
Per fortuna abbiamo una unità in più,
un assistente amministrativo che è arrivato da poco e che tra l'altro ha una
formazione in comunicazione e marketing. Per gli addetti alla vigilanza il
numero è quello e purtroppo questa è una criticità. Io sono contenta della
soluzione che abbiamo trovato insieme al personale tutto, che ringrazio. Del
resto se non avessimo fatto questo ottimo lavoro di squadra i risultati non li
avremmo raggiunti. Voglio quindi sottolineare nuovamente la gratitudine che
nutro nei confronti del personale e tutti i sacrifici che continuano a fare. Ci
siamo inventati questa soluzione dell’apertura dei piani ad orari alternati che
in realtà abbiamo fatto proprio nell'interesse dei visitatori, perché in fondo
non precludiamo l'accesso mai. Non c'è nessuno museo in Italia che con le
nostre problematiche e criticità non chiuda ali o spazi; noi siamo gli unici
che in fondo non chiudiamo. Se voglio venire al MArTa e visitare il primo piano
magari devo prima visitare il secondo, nei giorni in cui abbiamo meno personale,
ma io il primo lo vedo un’ora dopo, lo visito ugualmente. Altrimenti avremmo
potuto, e sarebbe stato più semplice per noi questo lo posso assicurare, fare un'apertura
a giorni alterni dei piani. Perlomeno così assicuriamo una fruizione completa.
Il problema di organico c’è, non possiamo assumere perché comunque le assunzioni
dipendono purtroppo da una cooptazione centralizzata. Il Ministro Franceschini
ha fatto questo grande concorso dei “500 giovani”, ci saranno funzionari
archeologi che per fortuna arriveranno, però per quanto riguarda il profilo dell’accoglienza
fruizione e vigilanza per il momento non c'è una soluzione definitiva in vista.
La speranza nostra è di arrivare con questa riforma a far sì che il museo
diventi veramente ad autonomia speciale più completa, nel senso che possa avere
la possibilità di cooptare personale direttamente, con contratti nostri. In
questo modo sarà più facile anche stabilire gli obiettivi da raggiungere per le
varie figure professionali. Il Museo Egizio di Torino – che è una Fondazione –
il personale lo assume con contratti propri.
Occorre poi anche una riflessione sugli
spazi del museo da dedicare agli uffici, che ora sono insufficienti ad
accogliere le funzioni di un istituto non più dipendente dalla Soprintendenza
ma dotato di autonomia. Dobbiamo pensare in modo risolutivo e pragmatico a
questo punto a creare degli uffici consoni.
La nostra speranza è quella di fare fundraising ampliando il nostro progetto
a queste parti mancanti che sono fondamentali. Per fortuna l’art bonus consente
degli sgravi fiscali importanti. Purtroppo l'Italia parte con grande ritardo, e
soprattutto l'Italia del Sud perché i dati statistici dell’art bonus dimostrano
questo. Io però sono molto fiduciosa perché un progetto ambizioso come il
nostro può portare sicuramente a delle ricadute dirette. Un museo ad autonomia
speciale ha come mission anche quella di contribuire allo sviluppo del
territorio. Purtroppo in Italia non si è capita l'importanza di cominciare a
fare degli studi sistemici e sistematici per capire l'impatto di un museo come questo.
Noi disponiamo già di un sistema di profilazione interno dei visitatori, ma
occorre che questo sia completato con altri dati statistici che potrebbero
rilevare la Camera di Commercio, le associazioni di categoria o Puglia Promozione
a livello regionale, tramite modelli matematici che già esistono e sono
applicati altrove. Altrimenti il rischio è quello di basarsi sempre su dati un
po' disgiunti.