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giovedì 13 luglio 2017

TRE DOMANDE A… Eva Degl’Innocenti, direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Taranto

Eva Degl'Innocenti, l'archeologa toscana che da dicembre 2015 dirige il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, ci ha concesso una lunga intervista anticipando le linee di sviluppo del prestigioso Istituto cui è a capo, oggi al centro di un rinnovato interesse nel dibattito cittadino.



 1. Direttrice, facciamo il punto sulle iniziative in corso. Il Museo ha ottenuto un finanziamento di 2.507.000 euro per il progetto “MArTA 3.0”, destinato alla digitalizzazione del patrimonio archeologico e alla realizzazione di nuovi apparati multimediali.

Il progetto “MArTa 3.0” è in corso. In questo momento stiamo finalizzando i vari capitolati tecnici delle prossime gare; la prima, relativa alla progettazione definitiva, è stata espletata. Un team di professionisti esterni coadiuva il RUP (responsabile unico del procedimento) che sono io per stilare insieme il disciplinare ed il contenuto dei vari capitolati tecnici.
E’ un progetto molto ambizioso che riguarderà l'attività progettuale del Museo per i prossimi cinque anni, con prospettive di sviluppo però anche nel medio-lungo termine. Il team che si è aggiudicato la gara risponde pienamente ai solidi criteri tecnico-scientifici richiesti; stiamo lavorando molto intensamente con loro. Con questo progetto potremo assicurare cinque aspetti importanti: il primo riguarda il potenziamento delle infrastrutture di back-office usate dal personale; il secondo la ricerca e l’eccellenza scientifica tramite la risistemazione dei depositi e lo studio dei vari contesti archeologici della città rinvenuti nei decenni passati, con prospettive interessanti sotto molteplici aspetti, per esempio in chiave di una possibile rilettura della topografia della Taranto antica. Sarà quindi realizzata una “fablab” con scanner e stampanti 3D che permetterà di analizzare i dettagli delle opere fornendo un importante supporto alle analisi archeometriche che abbiamo già in corso su alcuni materiali con l’Università del Salento. Una parte del progetto riguarderà poi la museografia, con il riallestimento di alcuni reperti già esposti ed il nuovo allestimento di altre opere che invece si trovano attualmente nei depositi, in un percorso multisensoriale accessibile alle quattro disabilità. Una app di realtà aumentata, alla quale stiamo lavorando, permetterà di muoversi all'interno della Taranto contemporanea visualizzando sovrapposti i monumenti della città antica.
Il fine ultimo sarà quello di creare un rapporto ed un dialogo diretto con il territorio, non solo cittadino ma anche provinciale e regionale, considerando anche i territori limitrofi storicamente in contatto con Taranto. Il MArTa dovrà essere un hub di ricerca e valorizzazione sul territorio, per un progetto di museo diffuso che coinvolga non solo gli altri istituti del polo museale regionale ma anche la rete dei piccoli musei civici.

2.   Vi è poi la disponibilità di fondi ministeriali per la produzione di un videogame didattico, sull’esperienza di quanto fatto recentemente dal MANN di Napoli.

Siamo stati scelti insieme al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria per un progetto voluto dalla Direzione Generale del Turismo del MiBACT e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che riguarda la creazione di un videogioco; l’importo del finanziamento per il momento è di 75.000 euro. Si tratterà ovviamente di un prodotto dai contenuti scientifico-culturali divulgati e valorizzati in forma ludica; un’iniziativa complementare a quella in corso del progetto europeo “MArTa 3.0”, del quale si è detto. Vogliamo che ogni realizzazione si armonizzi insieme alle altre nell’ottica di una visione strategica complessiva.
L'idea è quella di creare un gioco di ruolo nel quale i vari personaggi protagonisti della storia accompagnino gli utenti sui siti. Per raggiungere i livelli successivi si devono raccogliere una serie di prove indiziarie, una sorta di “investigazione” che in fondo altro non è che il metodo di lavoro dell'archeologo. Chi però vorrà progredire nel gioco dovrà recarsi fisicamente sul territorio perché l’indizio successivo potrà scoprirlo solo visitando il Museo, la città di Taranto o un’altra località limitrofa.
La forma mentis di chi magari pensa che l'archeologia si debba comunicare solo in un certo modo, soltanto agli studiosi e con determinati metodi non avrà da “gridare allo scandalo” perché i contenuti saranno puramente scientifici e divulgativi. E’ un prodotto non semplice da sviluppare, che richiede know-how avanzati. Creare uno storytellig interessante, che sia accessibile e comprensibile a tutti ma che al contempo non risulti banale è una sfida ambiziosa. Sicuramente è molto più difficile riuscire a divulgare con forme di comunicazione meno tradizionali come quella del gaming piuttosto che con le modalità “classiche”. Proprio per questo però il MArTa potrebbe diventare un hub di valorizzazione importante; stiamo riflettendo su come mettere ancora più a sistema ed in rete il territorio rispetto a quanto fatto con il videogioco realizzato dal MANN di Napoli.
C’è poi anche un altro aspetto non trascurabile. La nostra volontà è quella di rendere i livelli di base del gioco accessibili e scaricabili gratuitamente, mentre i livelli di approfondimento saranno a pagamento. Si tratterebbe di erogazioni fatte al museo. Noi siamo un'istituzione pubblica, non facciamo profitto, però i guadagni sono utili per poter ad esempio cominciare a finanziare borse di studio o consulenze a professionisti, creando così opportunità di lavoro.

3.    La copertura del chiostro dell’ex convento consentirà la realizzazione di un bar-caffetteria, con ingresso indipendente da Piazza Garibaldi. Uno spazio che la cittadinanza potrà frequentare anche fuori dagli orari di apertura della struttura museale.

E’ un progetto legato a finanziamenti pubblici concessi dal Ministero che prevede non solo la creazione di una caffetteria all'interno del chiostro del Museo ma anche la realizzazione di un nuovo percorso di accesso all’interno del MArTa. La nostra volontà è quella di riportare l'ingresso principale in Corso Umberto; Piazza Garibaldi nella nostra idea di museo deve essere una sorta di agorà, uno spazio pubblico aperto e in dialogo con l’istituzione. L’accessibilità di un museo comincia dall’esterno, e questa “chiusura” verso la piazza crea non una inclusione ma una separazione rispetto al visitatore. Il MArTa così com’è adesso è un museo molto invisibile “da fuori”, anche per l’assenza di una segnaletica adeguata. Sicuramente poi occorrerà ripensare la hall e soprattutto l’area bookshop; creare una “boutique del museo”, uno spazio di promozione non solo più fruibile ma anche più adatto ai vari target di pubblico, cosa che oggi non è. Per esempio, i bambini ora sono poco inclusi per l'altezza del bancone che li sfavorisce e per la disposizione dei prodotti di merchandising. La caffetteria dovrà essere uno spazio polivalente dedicato all'arte, agli eventi, agli incontri; un luogo inclusivo, di apprendimento, di studio e di ricerca ma anche di diletto. La condivisione è l'elemento fondamentale per poi far sì che un progetto culturale sia veramente un progetto con un fondamento sentito dalle persone. Per la copertura stiamo pensando ad una realizzazione che non sia semplicemente un progetto architettonico ma che costituisca essa stessa l’opera d'arte e di creatività di uno dei massimi architetti a livello mondiale, che per il momento non riveliamo perché siamo in corso di finalizzazione. Vogliamo contribuire a che Taranto possa diventare meta di turismo culturale anche per gli aspetti legati all’architettura contemporanea. L’idea del museo come luogo di incontro fra i giovani di tutte le generazioni sicuramente sarà facilitata dalla realizzazione di questo bar-caffetteria.

4.    Fin dal suo insediamento ha espresso la volontà di rendere il MArTa protagonista nella produzione di importanti mostre temporanee, in collaborazione con gli altri grandi musei archeologici ad autonomia speciale del Meridione (Napoli, Paestum, Reggio Calabria). Resta però insoluto il nodo degli spazi disponibili: la superficie destinata a tale scopo, già insufficiente, si è ulteriormente ridotta dopo l’allestimento dell’aula didattica al pianterreno. Nell’impossibilità di ampliare significativamente l’attuale struttura, al MArTa servirebbe una “sede distaccata” da dedicare esclusivamente alle esposizioni tematiche. Ritiene percorribile questa strada?

E’ vero, gli spazi per le mostre temporanee sono limitati. La nostra volontà però è quella di utilizzare un po' di più la hall di quanto sia stato fatto fino adesso e anche di usare lo spazio destinato alla collezione permanente creando un dialogo con le esposizioni temporanee, come del resto è stato già fatto.
La “sede distaccata” per il momento la interpreto più come la possibilità che il MArTa possa continuare a collaborare con i vari enti territoriali, poi dipenderà anche dalla città e dalla nuova amministrazione comunale. Sicuramente un grosso peccato è questa vicenda del Palazzo degli Uffici che non è stata ancora risolta e che mi auguro possa esserlo al più presto. Spiace che un palazzo del genere, una struttura così interessante in una piazza così centrale, offra una immagine non positiva, con una gru perenne ed un edificio fantasma. E’ una zona che secondo me ha una grande opportunità di diventare una vera agorà cittadina, uno spazio pubblico in cui ci si riconosca. Come avviene in tutti i più grandi musei del mondo, il museo deve iniziare “prima” del museo. Si tratterà quindi di trovare una destinazione consona all’edificio, e quella delle mostre potrebbe esserne una ad esempio. Chiaramente uno spazio allestitivo museale deve oggi rispondere a tutta una serie di condizioni che sono imprescindibili: la messa in sicurezza dei reperti, la conservazione preventiva, la messa in sicurezza dell'edificio. E’ nostra intenzione poi continuare questa politica culturale di co-curatela di mostre verso l’esterno, ad esempio quella che stiamo facendo a Porto Cesareo con il Museo Egizio di Torino di cui siamo molto fieri. Abbiamo finalizzato poi una collaborazione molto interessante con la Fondazione Paolo Grassi del Festival della Valle d’Itria, per il momento faremo con loro una mostra documentaria.

5.     Con l’iniziativa dei “Tesori Mai Visti” l’Istituto che dirige si è proposto nei mesi scorsi di valorizzare il patrimonio dei depositi mediante l’esposizione in eventi prefissati di reperti esclusi dal percorso espositivo, fruibili per l’occasione a piccoli gruppi di visitatori. Si è più volte ripetuto come l’allestimento di un grande museo sia sempre il frutto di una scelta fra le opere disponibili, un’operazione che nel nostro caso però appare comunque oltremodo penalizzante, in virtù proprio della ricchezza e della qualità del materiale inventariato. Particolarmente doloroso il “sacrificio” che è toccato non solo alla sezione preistorica, ma anche ad alcuni capolavori della ceramica greca, attribuiti a grandi maestri del periodo.
Ritiene possibile, nei limiti degli spazi disponibili, l’integrazione del percorso espositivo con nuove vetrine?
Le superfici che si ricaveranno dalla prevista copertura dell’ex chiostro degli Alcantarini potranno servire anche per l’allestimento di reperti della collezione permanente?

Come dicevo prima, il riallestimento di alcuni pezzi e l’allestimento ex-novo di altri attualmente nei depositi è parte del progetto “MArTa 3.0”. Il chiostro degli Alcantarini sarà uno “spazio delle arti” che offrirà la possibilità di un dialogo fra l’archeologia e, per esempio, l’arte contemporanea. Vogliamo rendere anche la hall uno spazio interattivo molto diverso. Il nostro obiettivo è che il MArTa diventi sempre più un luogo di produzione artistica anche creativa. Noi però siamo contrari all’idea del museo come “contenitore”; il contemporaneo lo vediamo in un dialogo, in un progetto con il MArTa nel quale l'artista riflette con il territorio ed il suo patrimonio. La mostra che abbiamo fatto sul genius loci è stato un piccolo esempio, un piccolo contributo interessante da sviluppare chiaramente anche con progetti più ambiziosi.

6.     In una città come Taranto che sconta l’assenza di specifiche istituzioni universitarie e ora anche la perdita della secolare Soprintendenza di settore, una delle più antiche d’Italia, al museo autonomo si chiede di rivestire un ruolo pure nella ricerca scientifica, che possa almeno in parte sopperire a tali mancanze. Accanto alle collaborazioni già iniziate con le realtà accademiche pugliesi, e nei limiti delle competenze stabilite dalla legge, ritiene possibile per il MArTa un impegno attivo nella promozione dell’indagine archeologica sul campo?

Questo è il grande quesito. Io ritengo che in effetti sarebbe auspicabile un ruolo più attivo nella ricerca scientifica archeologica; oggi non è così perché gli enti e le strutture periferiche del MiBACT hanno comunque ognuna la propria mission. Il MArTa per esempio non ha un ruolo diretto sulla valorizzazione dei reperti che emergono dagli scavi in corso, al contrario di quanto avviene all’estero, in Francia e in Inghilterra, dove ciò è previsto dalla legislazione vigente. I depositi dei musei inglesi ospitano i reperti degli scavi in corso, ciò significa che l’istituzione riveste immediatamente un ruolo attivo nella ricerca archeologica di attualità, e questo è importante. Noi auspichiamo di collaborare sempre più in stretta sinergia con i nostri colleghi della Soprintendenza unica, in modo che questo ruolo possa essere sempre più concretizzato. Se vogliamo veramente creare una coscienza nel cittadino, che deve essere il primo a voler tutelare il proprio patrimonio, conservarlo ed apprezzarlo, dobbiamo instaurare un dialogo continuo ed è necessario un ruolo pedagogico delle strutture periferiche del Ministero. Altrimenti è difficile pensare che il cittadino possa acquisire queste capacità semplicemente sui banchi di scuola. Con una comunicazione che sia semplicemente istituzionale e normativa e non però “di inclusione” è difficile arrivare a trasmettere questi valori. Occorre un impegno costante. Noi vogliamo creare una linea editoriale, una collana “MArTa” dove pubblicare i risultati – anche preliminari – della qualità archeologica, ospitando studiosi, i colleghi della Soprintendenza o anche degli studenti che magari stanno svolgendo delle ricerche su alcune tematiche. Però ci interesserebbe poterlo fare valorizzando quei reperti che sono stati oggetto di scavi molto recenti, che potrebbero avere una collocazione rapida e immediata nella hall, in una-due vetrine con un breve apparato didascalico. Un allestimento semplice, da rinnovare periodicamente, al quale accedere senza necessariamente pagare il costo del biglietto. Un’operazione che ritengo interessante per il pubblico sia dei neofiti che degli appassionati che in tempo reale potranno fruire del reperto ed avere la spiegazione dell'archeologo o dello specialista che lo ha rinvenuto. Oggi però questo è un aspetto che non rientra nella governance del museo.
E’ fondamentale poi che ci sia con le università un dialogo diretto e una collaborazione di progettazione integrata in progetti di ricerca.

7.      Lo scorso anno si parlò della possibilità di istituire un “biglietto integrato” per i maggiori siti culturali della città.

Speriamo di riprendere il discorso sul biglietto integrato, che coinvolgeva oltre al MArTa anche il Museo Etnografico e il Museo Diocesano. La sua attuazione potrebbe permettere già di strutturare un'idea di polo museale tarantino. Quando cominciammo a parlare di questa iniziativa, la nostra volontà era quella di prevedere anche un abbonamento legato a degli eventi e quindi ad una programmazione integrata con gli altri due musei. Io spero a questo punto che la nuova amministrazione comunale voglia accogliere il continuo del progetto. La cosa più interessante sarebbe creare una rete di siti – con il Castello ed altri – e quindi una card vera e propria, diversificata anche sotto il profilo del target di riferimento: una per il turista generico e l'altra invece per il cittadino, legata quindi agli eventi. 
Occorre però un po' di umiltà e procedere per step. Non si può pensare adesso ex abrupto di arrivare a una card che metta in rete un numero esorbitante di siti quando ancora ci dobbiamo porre la domanda della gestione e della fruizione di questi. Se ci inseriamo dei luoghi che poi in realtà non sono mai visibili o troppo poco visibili si rischia di realizzare un’operazione controproducente. L'invito poi è chiaro, che la nuova amministrazione comunale ritenga la cultura uno degli elementi principali. Se questa città vuole riuscire veramente a creare un modello alternativo di sviluppo, questo si deve basare necessariamente sulla cultura che è la grande risorsa di questo territorio. La speranza è in un coinvolgimento sempre maggiore dei privati; uscire quindi da quella sorta di diffidenza atavica nei loro confronti e capire che il futuro oramai è nella progettazione integrata.
Una forma di mecenatismo o di sponsorizzazione non è soltanto in termini di erogazioni in denaro ma può essere resa anche sotto forma di service di professionalità. Per esempio il settore dei beni culturali secondo me ha bisogno invece di figure manageriali di progetti di ingegneria finanziaria che non esistono come know-how nel pubblico perché comunque il modello gestionale non è stato quello per tanti anni. Spesso anche i progetti europei hanno come criticità il fatto che l'investimento è teso tutto alla “creazione” e non poi alla “gestione”, e alla fine si creano così dei contenitori vuoti. Non si può quindi pensare a un continuo assistenzialismo, io sono una sostenitrice dello spirito imprenditoriale soprattutto per il terzo settore per il quale secondo me ci sono delle opportunità molto importanti che però bisogna saper cogliere. La Puglia è in questo una regione molto dinamica e Taranto può diventare protagonista, ma deve credere più in se stessa e nel proprio potenziale e ragionare nella logica della progettazione integrata, in particolare oggi che il brand Puglia è un brand importante e di successo. Molto è stato fatto, per anni però è mancata una cabina di regia.

8.   Veniamo infine alla questione del personale. Il MArTa ha un organico ancora sottodimensionato rispetto alle esigenze anche di fruizione ed apertura delle sale.

Per fortuna abbiamo una unità in più, un assistente amministrativo che è arrivato da poco e che tra l'altro ha una formazione in comunicazione e marketing. Per gli addetti alla vigilanza il numero è quello e purtroppo questa è una criticità. Io sono contenta della soluzione che abbiamo trovato insieme al personale tutto, che ringrazio. Del resto se non avessimo fatto questo ottimo lavoro di squadra i risultati non li avremmo raggiunti. Voglio quindi sottolineare nuovamente la gratitudine che nutro nei confronti del personale e tutti i sacrifici che continuano a fare. Ci siamo inventati questa soluzione dell’apertura dei piani ad orari alternati che in realtà abbiamo fatto proprio nell'interesse dei visitatori, perché in fondo non precludiamo l'accesso mai. Non c'è nessuno museo in Italia che con le nostre problematiche e criticità non chiuda ali o spazi; noi siamo gli unici che in fondo non chiudiamo. Se voglio venire al MArTa e visitare il primo piano magari devo prima visitare il secondo, nei giorni in cui abbiamo meno personale, ma io il primo lo vedo un’ora dopo, lo visito ugualmente. Altrimenti avremmo potuto, e sarebbe stato più semplice per noi questo lo posso assicurare, fare un'apertura a giorni alterni dei piani. Perlomeno così assicuriamo una fruizione completa. Il problema di organico c’è, non possiamo assumere perché comunque le assunzioni dipendono purtroppo da una cooptazione centralizzata. Il Ministro Franceschini ha fatto questo grande concorso dei “500 giovani”, ci saranno funzionari archeologi che per fortuna arriveranno, però per quanto riguarda il profilo dell’accoglienza fruizione e vigilanza per il momento non c'è una soluzione definitiva in vista. La speranza nostra è di arrivare con questa riforma a far sì che il museo diventi veramente ad autonomia speciale più completa, nel senso che possa avere la possibilità di cooptare personale direttamente, con contratti nostri. In questo modo sarà più facile anche stabilire gli obiettivi da raggiungere per le varie figure professionali. Il Museo Egizio di Torino – che è una Fondazione – il personale lo assume con contratti propri.
Occorre poi anche una riflessione sugli spazi del museo da dedicare agli uffici, che ora sono insufficienti ad accogliere le funzioni di un istituto non più dipendente dalla Soprintendenza ma dotato di autonomia. Dobbiamo pensare in modo risolutivo e pragmatico a questo punto a creare degli uffici consoni. La nostra speranza è quella di fare fundraising ampliando il nostro progetto a queste parti mancanti che sono fondamentali. Per fortuna l’art bonus consente degli sgravi fiscali importanti. Purtroppo l'Italia parte con grande ritardo, e soprattutto l'Italia del Sud perché i dati statistici dell’art bonus dimostrano questo. Io però sono molto fiduciosa perché un progetto ambizioso come il nostro può portare sicuramente a delle ricadute dirette. Un museo ad autonomia speciale ha come mission anche quella di contribuire allo sviluppo del territorio. Purtroppo in Italia non si è capita l'importanza di cominciare a fare degli studi sistemici e sistematici per capire l'impatto di un museo come questo. Noi disponiamo già di un sistema di profilazione interno dei visitatori, ma occorre che questo sia completato con altri dati statistici che potrebbero rilevare la Camera di Commercio, le associazioni di categoria o Puglia Promozione a livello regionale, tramite modelli matematici che già esistono e sono applicati altrove. Altrimenti il rischio è quello di basarsi sempre su dati un po' disgiunti.


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