Quando fu annunciata la riforma sull’organizzazione di
musei e Soprintendenze, voluta dal Ministro Franceschini, si poteva solo
ipotizzare quale disegno ci fosse a ispirarla. Provando a leggere fra le pieghe
degli interventi previsti, e poi attuati, denunciammo subito che la nostra
città ne sarebbe potuta uscire penalizzata, spiegandone i motivi. Oggi possiamo
iniziare a trarre le prime conclusioni osservando come siano andate effettivamente
le cose, non prima però di ricordare cosa abbia previsto tale riforma.
Si tratta sostanzialmente di due provvedimenti: a) l’autonomia gestionale ed economica per venti grandi musei nazionali (poi divenuti trentadue) con la nomina,
tramite bando, di altrettanti direttori-manager e b) la riorganizzazione delle Soprintendenze (QUI il decreto del MiBACT del 23 gennaio 2016).
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L'opposizione degli archeologi alla riforma - Ph Filonide.it |
Prima della riforma vi erano le Soprintendenze di “settore”
con competenze specifiche sull’archeologia, sui beni architettonici e il
paesaggio, sulle opere d’arte mobili. Ciascuna aveva una sede propria
indipendente. La Soprintendenza Archeologica della Puglia aveva sede a Taranto,
ed era una delle più antiche d’Italia, oltre che fra le poche (se non l’unica)
a non essere stata istituita in un capoluogo di Regione. La riforma, in virtù
della visione “olistica” propugnata dal suo deus ex machina Giuliano Volpe, ha
accorpato questi organi periferici del Ministero in soprintendenze uniche con
sedi competenti per territorio. In Puglia ne sono state individuate tre: Bari,
Lecce (entro cui confluisce Taranto) e Foggia che inaspettatamente (ma mica
tanto, vista l’origine dell’autore della riforma…) diventa per la prima volta
nella sua storia sede di Soprintendenza. A Taranto c’è ora un ufficio
decentrato con sempre meno personale, ma con la bellezza di due sedi locali:
l’ex Convento di San Domenico e l’ex Convento di Sant’Antonio. Una anomalia
che, c’è da scommetterci, non potrà durare a lungo. Perché è così che funziona
solitamente con queste riforme: l’accorpamento è l’anticamera della chiusura, o
comunque di un depotenziamento. Sta già avvenendo. Non si tratta quindi della
“romantica” difesa di una istituzione che – nel bene e nel male – ha fatto la
storia dell’archeologia nel sud Italia, ma di un fatto sostanziale, dal momento
che questi uffici stabiliscono linee e strategie sul territorio alle quali un
museo come il MArTa, sebbene dotato di autonomia speciale, non può sostituirsi.
Insomma, quella che sarebbe stata la scelta più naturale,
lasciare cioè le sedi di Bari e Taranto, in continuità con la storia e la
cultura dell’istituzione e dei luoghi, ha visto un brusco, ma non inspiegabile,
cambiamento.
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Il sit-in presso la Soprintendenza di Taranto - Ph Repubblica.it |
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Il corteo cittadino del gennaio 2016 - Foto Repubblica.it |
Per la verità da Taranto una certa disapprovazione si levò
dopo l’annuncio delle novità, con una campagna ed una manifestazione in difesa
della sede tarantina, ma i fautori della riforma, Franceschini e lo stesso Volpe
– nonché qualche Solone locale – si affrettarono a dire che assai più
importante del trasferimento della Soprintendenza sarebbe stata l’autonomia
gestionale e finanziaria del MArTa. E’ stato davvero così? No, non lo è stato,
ora possiamo dirlo senza timore di smentita e le ragioni non risiedono tanto
nell’autonomia, che di per sé qualche elemento positivo lo ha avuto in termini
di visibilità per l’istituzione, ma nel fatto che, in pratica, si mantiene
quest’ultima nella precarietà più totale, con scarsissimo personale, aperture
alternate dei due piani espositivi e rischio di chiusura nei giorni festivi (lo
ha dichiarato la stessa direttrice, Degl’Innocenti, in una recentissima
intervista).
A conti fatti dunque è stata un’operazione conveniente
per Taranto, o l’ennesima azione per tenere la città sotto scacco del Governo
affinché non si aspiri ad altro che alla LORO vocazione industriale?
Volpe e Franceschini - Ph La Voce di Maruggio |
Piccola
nota a margine. Le cronache delle ultime settimane ci informano dell’avvio da parte
del museo di una procedura negoziata con un unico operatore invitato (di fatto
quindi un’assegnazione diretta) che conferisce ad una associazione (non ad una
azienda, ma ad una impresa sociale) l’incarico di progettare un videogame didattico per il MArTa. A sentire i soliti
ben informati si tratterebbe di una società vicina a Volpe (il presidente è originario anche lui della provincia di Foggia). Un fatto quest’ultimo che
potrebbe anche essere irrilevante, se non fosse che così facendo si è negata la
possibilità a tanti operatori specializzati di parteciparvi. Infine ieri la nuova
Soprintendenza unica di Brindisi, Lecce e Taranto ha trionfalmente annunciato
l’approvazione ed il finanziamento da parte del Governo di ben dieci interventi
di recupero di luoghi culturali del territorio, di cui sette nel territorio di…
indovinate? Lecce! Certo, magari noi come al solito ci abbiamo messo del
nostro, con la proverbiale inefficienza che dimostriamo nel presentare progetti,
ma qualche dubbio però viene: sarà che a pensar male si fa peccato, ma si indovina
quasi sempre?